In ogni settore dello scibile, per Natale e Capodanno, ci si scambia gli auguri per qualcosa che sia conciliabile con i desideri di ognuno. Tra persone e amici è una consuetudine, in ogni famiglia è tradizione consolidata a meno che non si è dentro un luttuoso momento di dolore per la dipartita di un proprio caro.
La famiglia animalista è in lutto, ma non dall’anno appena finito, bensì da tanti anni, ardirei dire addirittura dall’epoca di Nemrod sebbene fossero altri tempi, sì da poterli considerare non per la malvagità del biblico individuo, ma comprensibilmente per la preistorica e parzialmente cosciente età della specie umana.
Oggi no, non ci sono attenuanti per i discendenti di questo energumeno. Oggi esiste una visione del bene e del male che non lascia dubbi alcuno, a meno che non abbiamo di fronte gente non in grado di intendere e di volere. E ce n’è tanta, per scelta, nella massa comune ed in quella che occupa posti di rilievo.
Non sono questi i giorni più adatti per fare un elenco a conferma di quanto si sta perpetrando sulla devastazione della fauna, della flora e sull’inquinamento della natura in genere, l’elenco dei danni, anche irreparabili, sarebbe tanto lungo quanto la sofferenza causata.
Dunque, auguri di che o per che cosa il mondo animalista e ambientalista può sinceramente scambiarsi? Quali altri disastri devono ancora accadere oltre a quelli che abbiamo sotto gli occhi? E possibile che stiamo toccando con mano l’avvicinarsi dell’estinzione totale del pianeta e non ce ne ravvediamo concretamente? Come dire: ci facciamo gli auguri di pace nel mentre fabbrichiamo armi di distruzione di massa. Che senso ha? Ecco, questo dobbiamo chiederci come augurio, un pensiero quotidiano che ci martelli il cervello ad ogni nascere del sole.
Perché il sole, comunque vada, continuerà a sorgere.
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