Il Covid-19 non ha reso certamente migliore quella parte di cinesi che non rinunceranno al tradizionale appuntamento di uccidere e mangiare cani e gatti (anche bolliti vivi) durante il festival di Yulin, che a noi suona primitivo e cannibalesco. Così, dal 21 al 30 giugno, a Yulin, in Cina, si ripeterà l’annuale animalicidio (nel 2020 se non è roba da matti, ditemi che cosa è?).
Eppure il Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali della Cina ha reso ufficiale la sua posizione affermando che i cani sono compagni e non “bestiame”. Tuttavia il “bestiame” che ingurgiteranno in occasione di questa festività comprenderà cervi, renne, alpaca, faraone, fagiani, pernici, germani reali, struzzi e specie allevate per la loro pelliccia come i cani procione, le volpi argentate ed i visoni.
Annualmente, si stima, sono oltre duemila i poveri animali domestici sacrificati brutalmente per la cucina yuliniana e dintorni. Noi che non siamo scienziati possiamo più o meno ipotizzare che in quelle zone, anche per colpa di quei wet market continuerà l’ondata di contagi da coronavirus.
Il governo potrebbe essere più incisivo come lo è stato, anche con metodi molto persuasivi a zittire le proteste popolari che da Tienanmen (1989) ad oggi, Hong Kong (2019) hanno fatto allibire il mondo?
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